ROBERT PLANT: il folk prima del passato (Recensione e scaletta)

Condividi

ROBERT PLANT & AND SAVING GRACE FEAT SUZI DIAN
5 settembre 2023
Teatro Arcimboldi
Milano

Recensione e foto Giorgio Zito

Il ritorno diRobert Plant in Italia lo vede accompagnato da una formazione diversa dal precedente tour (Tony Kelsey mandolino e chitarre acustiche ed elettriche), Matt Worley banjo, chitarre acustiche, elettriche e baritono, Oli Jefferson batteria e percussioni), e soprattutto da un’ottima spalla vocale (e non solo) femminile, Suzi Dian, per un concerto in cui ancora una volta l’ex voce dei Led Zeppelin non si limita a proporre i brani del suo repertorio, che anzi sono ormai la minoranza e quasi tenuti in sordina, ma recupera canzoni del passato tra blues e folk. In particolare, è l’impronta folk che risulta preponderante in questo tour, sia per l’assetto della band, con mandolino, fisarmonica e banjo, che per il materiale proposto.

Il concerto si apre proprio con un traditional, “Gospel Plow” cantata insieme da Plant e Dian, accompagnati da chitarra acustica e mandolino. La canzone fa parte della storia della musica americana: conosciuta anche come “Hold On”, è stata infatti la matrice da cui è nata la celebre Keep Your Eyes On The Prize, ripresa negli anni da Bob Dylan, Pete Seeger e Bruce Springsteen tra i tanti. Questo a dimostrare la profonda conoscenza della materia da parte di Plant, che nel corso della serata riprenderà altri brani di pari importanza storica, riuscendo anche a coinvolgere il pubblico come se si trattasse hit singles.

Così succede per il secondo brano della serata, “The Cuckoo”, con l’entrata della batteria. I due cantano insieme, il brano viaggia tra atmosfere folk e blues, e il pubblico inizia a essere coinvolto con handclapping. Notevole anche la riproposizione di “As I Roved Out”, che i due cantano insieme, un folk tra acustico e elettrico in cui spicca il banjo, con accelerazioni da brano rock.

“Satan, Your Kingdom Must Come Down” è un altro tradizionale coinvolgente, che Robert Plant introduce raccontando della sua scoperta da ragazzino dei grandi bluesman americani citandoli uno a uno, senza i quali, ammette, non sarebbe mai diventato il cantante che conosciamo. Questa è la musica che l’ha formato, e questo è un blues da pelle d’oca, scuro e intenso, nel quale sfodera una voce splendida e una grandissima interpretazione.

Con “Chevrolet” si torna indietro agli anni ’30, per un brano dal forte impatto emotivo cantato ancora una volta insieme a Suzi Dian, impegnata qui anche alla fisarmonica.

Plant non può però far finta di non aver avuto un passato nella storia del rock: ricorda sorridendo gli anni ’60, quando “il mondo stava cambiando, a Londra, Parigi, e anche qui a Milano”, e cita l’episodio del concerto del 1971 al Vigorelli, con i fumogeni della polizia.

Tornando ai ’90 e in particolare al 1993 (“much better” dice sorridendo), dal suo canzoniere recupera “Down to the Sea”, che canta da solo, mentre la Dian si sposta alla fisarmonica unendosi agli altri musicisti della band. Cosa che si ripete anche per “Let The Four Winds Blow”, dove lei passa al basso, e soprattutto nei tre brani ripresi dal repertorio dei Led Zeppelin, a partire dalla versione acustica ma tiratissima di “Friends”, accolta ovviamente da applausi.

Canta da solo anche “Four Sticks”, dove sfodera una gran voce, con la Dian a fisarmonica e cori. Sempre con molto understatement e una velata autoironia, dice sorridendo “torniamo al ventesimo secolo”, e parte uno dei tanti capolavori dei Led Zeppelin, “The Rain Song”, accolto ovviamente da applausi alle prime note, Anche questa la canta da solo, e la sua voce ancora impressiona per limpidezza, una voce pura e cristallina.

La scaletta del tour propone anche un omaggio ad alcuni grandi nomi del rock, con scelte anche qui molto originali: da “Out in the Woods” cantata dal chitarrista, al lento “Too Far From You” cantato all’inizio solo da Suzi Dian, mentre Plant si riserva la parte finale tirando fuori una voce da brividi. Altri omaggi per i Low di “Everybody’s Song”, i classiciMoby Grape con la dolce e lenta “It’s a Beautiful Day Today” e infine una bella versione rock di “Angel Dance” dei Los Lobos, con la Dian ancora alla fisarmonica.

I bis confermano queste scelte, prima con l’omaggio a uno dei grandi della musica folk britannica, Richard Thompson, con “House Of Cards2 un brano lento in cui la band dimostra ancora una volta una compattezza di suono notevole, e poi con il tradizionale “Gallows Pole”, già presente nel repertorio dei Led Zeppelin, dove le radici folk incontrano il rock dall’impatto tiratissimo. Splendida la chiusura del concerto, con una buona notte in musica: tutta la band si riunisce intorno al microfono al centro del palco, per una bella versione a cappella di “And We Bid You Goodnight”.

Ancora una volta colpisce la leggerezza con cui questa vecchia rockstar si presenta sul palco (all’inizio della serata scherza sulla sua età: “Are you alive? Me too”), capace di pagare tributo alle sue radici musicali, dimostrando umiltà e profonda conoscenza della materia. Tra le rockstar della sua generazione, sicuramente Robert Plant è una di quelle che ha saputo invecchiare meglio, senza svendersi né diventare la parodia di sé stesso. Il vecchio leone graffia ancora.

Scaletta

Gospel Plow
The Cuckoo
Let The Four Winds Blow
Friends
Out in the Woods
Too Far From You
Satan, Your Kingdom Must Come Down
Everybody’s Song
It’ a Beautiful Day Today
The Rain Song
As I Roved Out
Chevrolet
Down to the Sea
Four Sticks
Angel Dance

Bis
House Of Cards
Gallows Pole
And We Bid You Goodnight

https://www.facebook.com/robertplant


Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *