DE LA SOUL: il bello ed il brutto dello stesso show. Recensione concerto live Milano

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DE LA SOUL
03 Novembre 2017
JazzMi 2017 Festival
Alcatraz
Milano

Voto: 5
Di Luca Trambusti

Era atteso il concerto dei De La Soul, uno dei primi appuntamenti del ricco ed interessante calendario di JazzMi 2017 ed infatti la reazione del pubblico è stata degna riempiendo l’Alcatraz (nella sua configurazione “ridotta”).

La old school

Il nome della band americana rimanda alle origini del rap, alla cosiddetta “Old School”, quando lo stile era assai diverso dai prodotti che si ascoltano oggi, aveva un sapore di novità, siamo a fine anni ’80 (1989 il loro primo fortunato album), ed una prorompente carica.

Un loro concerto è l’occasione per ascoltare uno stile, un suono, un mondo musicale che nel corso degli anni si è evoluto (o involuto?), pur per molti aspetti restando simile a se stesso. L’idea e l’aspettativa dello show era quella di fare un salto nel tempo, di rivivere quel suono, quelle radici che hanno dato il via ad uno stile innovativo e creativo e, come tutte le novità, anticipatore. Purtroppo non è stato così. Certo (ri)trovare la stessa freschezza 30 anni dopo è una “mission impossible”.

Preceduti dai nostrani e ritmici Black Beat Moviment, una vera band, alle 21,30 su un palco in cui campeggia solo una consolle (ovviamente) sale prima il Dj per qualche minuto di musica cui fa seguito l’arrivo degli altri due componenti della crew.

Ritmo!!!

Ovviamente il pubblico è lì per il ritmo e questo non mancherà di certo per tutta la serata, ora più serrato, ora meno ma sempre faro della serata, su cui muoversi in qualche passo di danza o semplicemente scandendolo.

Pochi minuti di rap ed i tre interrompono l’esibizione per chiedere ai fotografi (e non si riferivano ai soli professionisti) di fermarsi dal fare foto e per almeno un brano di essere parte attiva. E poi pochi telefonini in giro e tutti su le mani a scandire le battute. L’invito al “rito delle mani” sarà una costante della serata, così come lo sarà la suddivisione della platea tra buoni e cattivi, una “battaglia” ripetuta e lunga a cercare quale sezione del pubblico sia più brava a ripetere gli “Oooohh Ooooooh” (ed altri suoni vocali) che i tre fanno con grande frequenza.

…ed è già finito

I “brani” sono spesso inframmezzati da “siparietti” tra i tre e/o con il pubblico il tutto a creare una (vera e reale empatia con il pubblico). Così tra salti degli artisti e del pubblico, scansione ritmica e scenette di vario genere in un’ora i De La Soul liquidano la pratica Milano deludendo il pubblico. I vocalist salutano e lasciano sul palco il solo Dj che fa qualche accenno musicale, si interrompe, riprende, forse dei problemi tecnici e dopo pochi minuti tra i fischi della platea abbandona la scena anche lui; si accendono le luci e tutto è finito.

Canoni rap ma non sino in fondo

Certamente l’esibizione rispecchia i canoni ed i riti del rap (d’altronde i De La Soul sono tra coloro che l’hanno inventato), ci sono tutti gli elementi di “condivisione”, tutti i rituali del genere ma soprattutto ci sono tutti gli stereotipi. Quello che però va in scena è un rito stanco, prevedibile, poco appassionante che solo in alcuni rari momenti è meno stantio. Il più delle volte ci si aggira dalle parti dell’intrattenimento da villaggio turistico, da forzata ricerca di un altrettanto forzato coinvolgimento. E’ tutto già visto, già sentito; è (per paradosso) come vedere gli Statuts Quo sul palco a dimenare le loro folte chiome suonando la chitarra, bello ed originale ai tempi, ma consegnato ormai alla storia.

Certo colpisce la sobrietà dei tre (niente iconografia tipicamente rap, catenoni e sfoggio di più o meno vero oro e limitato uso del simbolico movimento delle mani). La maggior dote sta soprattutto nella ritmicità della crew, nella loro abilità nel “battere il ritmo con le parole”, nello stare sulla battuta, nel saper far diventare i testi e la voce, in una parola il cantato, uno strumento musicale, ma dal punto di vista delle basi, spesso pre registrate perché non sempre il DJ è dietro la consolle, trasformandosi a sua volta in MC, quelle che accompagnavano i loro dischi erano sicuramente più potenti e composite. Evidentemente il tempo passa per tutti anche per i rapper.


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