THE BEATLES: i loro concerti visti da un premio Oscar Recensione Film

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THE BEATLES
EIGHT DAYS A WEEK – THE TOURING YEARS
di Ron Howard
Film

di Luca Trambusti
Voto: 8

Raccontare i Beatles oggi è difficile perché molto è stato detto e molto si è visto su di loro.

Occorre una chiave di lettura nuova ed allora alla Apple Records (la discografica) arriva la proposta di raccogliere materiale video dai fan relativo all’esperienza live del quartetto e così raccontare i primi anni della loro storia ovvero quelli prima della chiusura dell’attività concertistica.

Ovviamente ci vuole un regista d’esperienza per assemblare tutto il materiale e così alla Apple (sempre la discografica) affidano il compito al regista Premio Oscar Ron Howard (che quando faceva l’attore era l’amico di Fonzie).

Il cineasta americano confeziona un film in cui in due ore sintetizza i primi anni della band arrivando al sino al penultimo concerto di San Francisco del 29 Agosto 1966 che, 50 anni fa, chiuse la loro esperienza con la musica dal vivo di fronte al grande pubblico. Fece seguito il famoso show del 29 Gennaio 1969 sul tetto della Apple (ancora la discografica) pietra tombale sulla presenza live dei Beatles.

“Formidabili quegli anni” verrebbe da dire parafrasando Mario Capanna, anni in cui i Beatles crebbero in tutti i loro aspetti: artistici, formali, autorali, sociali, ci comunicazione e di relazione. Dalle prime esibizioni al Cavern di Liverpool per passare all’esperienza di Amburgo e ad alla chiusura di San Francisco fu una cavalcata emozionante e senza fiato. E’ sul palco che i Beatles hanno dato importanza alla loro musica ed è dal palco che sono arrivati i loro maggiori guadagni. E’ anche dal palco che hanno avuto i migliori riscontri della loro celebrità, di cosa significasse realmente la Beatlesmania, “malattia” che in quegli anni colpì la gioventù mondiale per la quale loro erano una nuova forma espressiva.

La stessa sfrontatezza e senso del divertimento che accompagnava i loro incontri con la stampa e sopratutto la loro vita, i 4 la mettevano sul palco dove sapevano divertirsi e divertire pur restando grandi professionisti, oltretutto in un contesto tecnico difficile per le ristrettezze ed i pochi mezzi tecnologici disponibili.

Dai piccoli show nelle cantine di Liverpool allo storico concerto allo Shea Stadium di New York il 15 Agosto 1965, il primo in uno stadio con 55.000 persone, fa tutto parte di un’esperienza unica e per loro e per il mondo indimenticabile. Tutto questo è raccontato nel film, che spinge sopratutto sui tour americani (ma c’è anche un frammento del concerto milanese del giugno 65) e non dimentica nemmeno la protesta contro la segregazione razziale che vietarono espressamente per contratto in un loro concerto in Louisiana. Immagini in bianco e nero, tecnicamente a volte improponibili diventano in questo caso un grande documento di vera e sorprendente testimonianza di ciò che significava un concerto dei Beatles.

Ma ad un grande successo è legata anche una grande pressione sugli artisti. E questo i Bealtes lo pagarono caramente. Il giocattolo ad un certo punto iniziò ad incrinarsi per poi rompersi definitivamente. Alla passione, al divertimento ed alla novità dei primi anni fece seguito un periodo in cui come dicono loro “tutto era con il pilota automatico”. Il palco non era più un momento di gioia ma uno stress a cui sottoporsi inserito in un contesto mediatico molto pressante. E così il loro grido d’aiuto contenuto in “Help” divenne rifiuto. Il primo fu George, poi a seguire gli altri, ognuno prese coscienza della situazione e dei limiti che questa imponeva e così decisero di chiudere l’attività live dedicandosi al solo studio, alla sperimentazione regalandoci i capolavori della maturità della band.

Insomma John, George, Paul e Ringo non potevano per sempre essere i ragazzi spensierati anche a causa di tutto ciò che avevano vissuto nella loro esperienza. Erano cresciuti, diventati adulti confrontandosi con un mondo ed una vita che alla fine li stava logorando, sia personalmente che a livello di rapporti interni.

La proiezione nelle sale si conclude con 30′ minuti estratti dal concerto dello Shea Stadium (pellicola e suono restaurati… un piccolo capolavoro) del 15 agosto 65. E’ la prova provata di quale fossero le condizioni di ogni concerto. E’ la dimostrazione di come 4 ragazzi inglesi con pochi mezzi tecnici a disposizione (la casse acustiche della Vox – racconta Harrison – furono costruite appositamente ed avevano una potenza di 100 Watt!!!) sapevano far fronte a 55.000 fans scatenati ed urlanti. Nella bolgia dello stadio i Beatles suonano probabilmente senza sentirsi (le spie non esistevano di certo) ed incredibilmente non stonano. Allora (più di oggi) per un artista esibirsi di fronte ad una platea così numerosa è impegnativo. Immaginiamo cosa potesse esserlo in quelle particolari e “nuove” condizioni. Anche un santone zen probabilmente alla lunga ne avrebbe risentito dal punto di vista psicologico.

“The Beatles – Eight Days A Week- The Touring Years” racconta dunque il lato umano di 4 ragazzi inglesi che cambiarono il mondo; lo fa con un buon ritmo e con immagini di folle piangenti ed urlanti alla loro presenza che ancora adesso sorprendono e che ad oggi anche le più acclamate rockstars si sognano.

“The Beatles – Eight Days A Week- The Touring Years” sarà nelle sale dal 15 al 21 settembre.

Per prenotare il biglietto e conoscere le città dove verrà proiettato collegarsi al sito http://thebeatleseightdaysaweek.it/

THE BEATLES


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