PAUL WELLER: La bellezza del rock per pochi. Recensione concerto live Milano

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PAUL WELLER
A Kind Revolution Tour
12 Settembre 2017
Alcatraz
Milano

Voto: 8,5
di Luca Trambusti

A Milano, che arriva dopo Bologna e Genova, si chiude il mini tour italiano di Paul Weller, lo storico musicista inglese, padre della musica mod. Dopo il sold out di Bologna del 10 Settembre il successo su Milano purtroppo non è lo stesso ed un insolito drappo nero chiude a metà l’Alcatraz.

E’ un concerto “brizzolato”: questo è infatti il colore che domina nelle capigliature della serata, anche la fascia giovanile, pur presente in minoranza, è abbastanza alta.

Nic Cester in apertura

L’esibizione milanese è stata aperta dall’interessante performance di (o dei) Nic Cester And The Milano Elettrica, un rock potente, elettrico tinto di blues che con un salto temporale riporta allo stile anni ’70. Formazione ed esibizione interessante (Nick Cester è il frontman degli australiani JET). A Bologna l’opening act era stato invece affidato ai livornesi Siberia.

Scaletta prevalentemente da solista

Alle 21,30, quando il pubblico inizia a spazientirsi, sale sul palco la band insieme a Paul Weller completamente vestito di grigio e con la sua inconfondibile capigliatura biondo grigio. Si parte, ad acceleratore ben schiacciato, con tre brani estratti da “Saturns Pattern” album solista del 2015 per poi proseguire nell’esperienza degli Style Council. La scaletta punta sulla carriera solista del musicista inglese, sfiorando gli Style Council ed i The Jam. Poche sono anche le proposte dall’ultimo album “A Kind Revolution” uscito in primavera.

La musica che arriva dal palco è coinvolgente, elettrica ma mai sopra le righe e così sarà per tutto il concerto, sia quando “spinge”, sia quando le canzoni si trasformano in ballata più intensa. Questa differenza ed alternanza sarà infatti un po’ la caratteristica della prima parte del concerto in cui momenti più “forti” lasciano improvvisamente il passo a qualcosa di più intenso. La parte finale della prima sezione dello show è invece un tuffo di testa nel rock, con lunghi assoli (è lo stesso Weller ad occuparsene in più occasioni, dividendosi anche con il piano) ed ampi spazi strumentali che prendono il posto delle belle melodie vocali di Weller.

Le percussioni

Sul palco ed alle orecchie spicca la presenza di due batterie: una classica, completa ed una suonata come percussione insieme a tanti altri “aggeggi” ritmici. Il risultato è quindi un suono ed una produzione molto percussivo, in cui il ritmo è essenza stessa del suono. Questo lo si nota in alcuni arrangiamenti che aumentano la presenza delle percussioni spostando in qualche modo l’asse della canzone, come ad esempio nella classicissima “Shout To The Top” che, come d’abitudine, si rivitalizza con molti stop & go.

Con grande forza e con molta capacità di coinvolgimento (e – ruffianamente – scusandosi perché non parla italiano) si conclude la prima parte del concerto. Dopo un’attesa ritenuta ancora una volta un po’ lunga Weller e la band salgono sul palco per una performance unplugged con tre chitarre acustiche. E’ in questa sezione che stupisce ancor più la voce di Weller: praticamente perfetta (e siamo già ad oltre un’ora di spettacolo) e capace di disegnare delle linee melodiche di grandissimo livello. A vedere, ma sopratutto a sentire, i quattro musicisti fronte palco seduti (c’era anche il basso) il pensiero in più momenti corre lontano sino ad arrivare a ricordare certi momenti della musica West Coast della metà degli anni ’70.

Terminata la parte acustica torna la forza del rock, che, declinato in diverse maniere, è stato il protagonista assoluto della serata. Per l’ultima parte dello show Weller e soci ci danno dentro. Le chitarre suonano forti, le percussioni picchiano sino a chiudere con un rabbioso Come on in cui gli assoli si rincorrono. Grande soddisfazione tra il pubblico.

Weller saluta, sono passate le 23,40, parecchie persone iniziano ad uscire ma le luci non si accendono. Pochi minuti ed ecco tutti nuovamente sul palco c’è spazio per la potente e ritmica versione di “Town Called Malice” che travolge tutti i rimasti. E’ una vera esplosione di potenza ed anche di vitalità. Questa volta dopo 2 ore ed un quarto di show si va veramente tutti a casa.

Grandi lezioni dal palco

Weller dal palco ha dato parecchie lezioni: di grande professionalità, che sa darsi al pubblico senza limitarsi, ha dimostrato capacità tecniche musicali oltre che di essere un grande artista a tutto tondo capace di riproporsi in modi diversi.

Il risultato è stato un bel concerto, energico ed elegante, essenziale nella sua parte “scenografica” (poche luci, niente schermi). La bellezza e la potenza della musica ancora una volta ha premiato chi (troppo pochi in questo caso) ha saputo cogliere l’occasione.


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