ROBERT GLASPER EXPERIMENT: corrente alternata. Poca scossa. Recensione concerto live Milano

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ROBERT GLASPER EXPERIMENT
27 Luglio 2017
Carroponte
Milano

Voto: 6
Di Luca Trambusti

L’attesa era molto alta. Il curriculum di Robert Glasper è di tutto rispetto, la sua abilità nel mischiare generi (prevalentemente di musica nera) ed elettronica partendo dal jazz è grande. Certo il suo nome non è per le grandi masse ed infatti al Carroponte (palco “piccolo”) il pubblico non era quello delle grandi occasioni; una platea dunque appassionata e lì apposta per lui.

Appena saliti sul palco, Robert Glasper inizia a presentare la ROBERT GLASPER EXPERIMENT ancor prima di suonare. Si esibiscono Robert Glasper – tastiere, Mark Colenburg – batteria, Casey Benjamin – Sax, Keytar e Vocoder, Burniss Traviss II – Basso e Mike Severson – chitarra; una formazione di grandissimo spessore tecnico.

glasper 5

L’inizio del concerto è molto lento, intenso e sale di tono gradatamente. Il primo lunghissimo brano, dopo una grande rincorsa, termina in un appassionante ed appassionato assolo di sax. Le premesse paiono dunque essere delle migliori. Purtroppo non sarà così. Ai (pochi) momenti in cui la band spinge ne seguono altri molto lunghi in cui il ritmo e le atmosfere sono soffuse, a tratti minimali.

Si capisce subito che la corrente sarà alternata e che la band dà il meglio di sé proprio nelle occasioni in cui spinge sull’acceleratore ma ci si rende alla fine anche conto che quelle sono fiammate, accelerazioni improvvise a cui seguono inevitabilmente delle frenate che riportano in un contesto sonoro differente, piacevole su disco ma alla lunga un po’ noiose (e ripetitive) in un contesto live. O meglio se diversamente equilibrate e miscelate entrambi i mondi possono convivere perfettamente e piacevolmente.

Casey Benjamin (che ride per tutto il concerto) con i suoi lunghi dread ed il cappellaccio è sempre impegnato a smanettare sul vocoder per aggiungere effetti alla voce o a suonare la “Keytar” (quelle tastiere a forma di chitarra che fa piombare immediatamente negli anni ’80). C’è dunque una commistione tra l’elettronica, il jazz, un grande groove (che è l’elemento essenziale del concerto) il tutto condito con il soul. Però purtroppo il risultato lascia a desiderare. Manca quella vena ritmica che rende interessante il discorso musicale di Glasper e soci e molto più fruibile un live, sopratutto open air.

Ad un certo punto Glasper attacca una canzone ma si dimentica il testo ed accorre in suo aiuto il fonico di sala che dal microfono del mixer ricorda le liriche al musicista. Non si capisce bene sino a che punto sia una gag calcolata o un momento di pura follia e divertimento.

Il concerto scorre tra atmosfera (un po’ stantia) e qualche impennata (in cui peraltro il batterista dimostra la sua strabiliante tecnica) ed i diversi assoli. Quando arriva quello del basso si capisce che è il momento di andare a prendere una birra. Appare anche una cover di “In The Air Tonight” la celebre hit di Phil Collins. Ci si potrebbe aspettare un crescendo (come nell’originale) e invece no. Il brano termina dopo un incedere lentissimo nel momento stesso in cui dovrebbe entrare la batteria e rivitalizzarlo.

Robert Glasper Experiment

Alla fine del concerto le cose cambiano. Lo fanno strutturalmente e per esigenza. Dopo l’assolo di basso seguono una serie di brani più spinti tra cui una cover di “Roxanne” dei Police ed è una fase (per quanto breve) in cui il concerto sembra decollare. Ma ad un certo punto il vocoder ha un problema tecnico e quindi Benjamin e tecnici cercano di risolvere (senza riuscirci) l’inconveniente. Nel frattempo, per riempire, Glasper inizia un assolo di piano a cui si aggiungono anche basso e batteria (sul palco può mancare qualsiasi altro strumento ma non certo il groove del basso). E’ pura ed esaltante (forse anche in relazione a quanto ascoltato sino a quel momento) improvvisazione jazz. A concludere il lungo momento (il migliore del concerto) si aggiunge nuovamente Benjamin questa volta al sax soprano che aumenta ancor più la bellezza del momento.

Dopo un flusso ininterrotto di musica, in cui i brani s’innestano uno nell’altro perdendo la propria importanza individuale diventando parte di un tutto, allo scadere delle due ore, sulle note del celebre brano di Rocky, il concerto ha termine lasciando un discreto margine di incompiutezza e con la netta sensazione che in realtà non sia mai veramente decollato e solo raramente abbia dimostrato le grandi capacità e potenzialità della band e della loro musica.

Rimandati alla prossima occasione

ROBERT GLASPER EXPERIMENT Recensione live Milano


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