ROBERTO ANGELINI: per il palco elaboro le migliori soluzioni alternative al disco. (Intervista)

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ROBERTO ANGELINI
È uscito il nuovo disco e lo porta dal vivo con una piccola band.

Intervista di Luca Trambusti

Subito dopo l‘uscita del suo nuovo album “Il Cancello Nel Bosco”, ROBERTO ANGELINI parte per le prime date del tour di presentazione del lavoro.

Questo il calendario:

04 Dicembre 2021 – PISA, Stazione Leopolda
05 Dicembre 2021 – MILANO, BIKO
11 Dicembre 2021 – ROMA, Largo Venue
18 Dicembre 2021 – RENDE (CS), Mood Social Club
20 Gennaio 2022 – TORINO, Teatro Concordia

“Il Cancello Nel Bosco” è il quinto album del cantautore e chitarrista romano e arriva dopo nove anni dal precedente album (“Phineas Gage” 2012). Roberto Angelini ha una lunga carriera alle spalle che divide tra cantautorato (con anche il successo di “Gatto Matto” nel 2003) e chitarrista in altrui progetti (accompagna Niccolò Fabi e Emma) e insieme a Rodrigo D’Erasmo (Afterhours) lavora sull’opera di Nick Drake, oltre che essere un noto volto televisivo in quanto chitarra e leader della Propaganda Orchestra che accompagna Diego Zoro Bianchi in Propaganda live in onda su La 7 (e prima ancora con Gazebo su RAI3). 

Il nuovo album di Roberto angelini è un lavoro particolare che raccoglie alcuni brani scritti e prodotti insieme a Gigi Canu e Marco Baroni dei Planet Funk, e inserisce anche la propria interpretazione della canzone “L’Isola” scritta da Angelini per Emma Marrone e da quest’ultima portata al successo nel 2018.

Il disco ha 12 brani in cui figura la presenza di musicisti d’eccezione, da Rodrigo D’Erasmo a Fabio Rondanini, da Darrin Mooney dei Primal Scream (presente nel brano “L’Era Glaciale”) a Gabriele Lazzarotti, passando per i già citati Canu e Baroni, Ramon Josè Caraballos, Daniele “Coffee” Rossi, fino alle musiciste Kyungmi Lee e Valentina del Re.

Ecco una lunga chiacchierata con Roberto Angelini per parlare del disco, del tour e dei live in generale.

Roberto Angelini
Foto Simone Cecchetti

Roberto Angelini, come nasce “IL CANCELLO NEL BOSCO”?
È un disco un po’ anomalo. Solitamente per un nuovo lavoro fai un anno tra scrittura e registrazione concentrandoti su materiale più o meno nuovo che racconta un periodo limitato. Qui ho raccolto brani sparsi nei dischi fissi dei computer, frutto di 10 anni di collaborazioni con cantanti oltre che a brani strumentali. Sono registrazioni di questo decennio fatte mentre ero impegnato a fare altro, materiale che ho pensato fosse giusto racchiudere in un disco perché non mi piaceva che lo conoscessi solo io e che restasse a “far polvere” nel computer.
È stato un piacere e un gioco fare un album a 46 anni con leggerezza, senza velleità e l’urgenza espressiva che avevo anni fa, perché nel tempo mi sono ritrovato a godere della musica suonata anche per gli altri.

Che legame c’è allora tra le varie tracce?
Raccontano benissimo la mia personalità deviata e sfuggente. Negli ultimi 10 anni sono stato trasportato dalla musica facendo cose differenti. Il filo conduttore è la collaborazione con gli altri musicisti, la libertà di esplorare passando dal pop alla musica immaginifica. Ho messo insieme tante cose per provare a raccontare quello che sono, cioè amare una canzone più pop ed allo stesso “intripparmi” per una ricerca sonora chitarristica o l’amore per il mondo acustico dei legni, o quello per Nick Drake e allo stesso tempo per i Planet Funk.

“IL CANCELLO NEL BOSCO” è un album molto sfaccettato per strumenti e musicisti. Come lo porterai dal vivo?
Mi sono sempre divertito a “girare” live in maniera non didascalica rispetto al disco. Per 10 anni ho fatto le mie canzoni in versione one man band con chitarra, l’elettronica, i pedali e la lap steel. In questo caso mi andava di fare un tour “da camera”, per cui sul palco, oltre alla mia chitarra acustica e lap steel. ci saranno un violino (Valentina Del Re), un violoncello (Kyungmi Lee) e le tastiere di Daniele “Coffee” Rossi che ha recuperato un vecchio Piano Rodhes e un Prophet tirato su dalla cantina.
Vista ancora adesso la circostanza non rosea dei live nei locali, con la preoccupazione di risalita dei contagi mi sono immaginato una situazione più seduta, teatrale.
Per quanto riguarda la scaletta faremo il disco pari pari e poi apriamo una seconda finestra in cui riproponiamo i brani più importanti dei 4 precedenti dischi

roberto angelini
Foto Simone Cecchetti

Quanto e come mutano rispetto agli originali le versioni live delle tue canzoni?
Nel live si allontanano totalmente. Non ho mai avuto la possibilità di riproporre un disco con le formazioni originali, quindi ho sempre elaborato le migliori soluzioni alternative con quello che ho a disposizione. Il che significa spogliarle dall’arrangiamento originale o articolarle in modo diverso. Dipende poi dagli strumenti che ci sono a disposizione. In generale il disco è il disco e dal vivo cambia molto, Ecco, piuttosto non sposto le melodie per non fare cantare la gente (ride ndi).

Pensi al live in scrittura?
Ci pensi sempre a come viene una canzone live. In particolare per il precedente disco “Phineas Gage” ci ho pensato molto perché sapevo che lo avrei suonato come one man band, ho quindi cercato una semplicità replicabile da solo basandomi su loop di accordi così da creare una canzone in diretta in maniera figa.

Cos’è un concerto per te?
Dipende dal tipo di impegno.
Se suono le mie cose è un’analisi a viso aperto, un mettersi a nudo con un percorso personale fatto di parole e canzoni, una cosa che richiede fatica.

Il concerto con Rodrigo D’Erasmo su Nick Drake è una meraviglia, super piacevole e rilassante e con la musica raccontiamo una storia bellissima.
Ma la cosa più piacevole e divertente è suonare con Niccolò Fabi. Sali sul palco con una squadra e sei parte di un discorso  affascinante.
Anche con Emma mi sono divertito ma è un tipo di concerto diverso, e non solo per lo stile delle canzoni. È un concerto in cui ci sono sequenze, balletti, luci, sei parte di uno spettacolo e sei in dei binari. Con Fabi hai un diverso approccio live, hai improvvisazione, ti godi i respiri. Con Emma è più professionale ma suonare con Niccolò è musicalmente e non solo di più
Fabi sta in furgone con noi se gli togli il suo posto non viene a suonare, Emma arrivava da sola, ha un direttore musicale che si preoccupa di creare gli arrangiamenti e le strutture. Con Niccolò si fanno le prove e si crea assieme il concerto. Con lui, ma anche con Silverstri e Gazzè c’è più un concetto ed un approccio da band.

Quando pensi di aver fatto un bel concerto?
Un bel concerto è quando mi trovo in un contesto caloroso di un club, un piccolo teatro o una situazione in cui puoi instaurare un contatto con il pubblico che continua dall’inizio alla fine.
Nel periodo in cui mi esibivo da solo ho avuto un approccio da musicista di strada, quello che deve conquistare le persone, tenerne l’attenzione. In generale non ho la fortuna in cui tutti conoscono le mie canzoni, e quindi devi andare oltre la performance vocale, usando l’intrattenimento e la condivisione. A un certo punto mi sono inventato di chiamare dal pubblico una persona che doveva fare il suono della tromba con la bocca. L’ho fatto per caso una volta l’ho dovuto rifare per 10 anni. Era un momento di stacco, di empatia, divertente e simpatico.
Un buon concerto è quando il tempo è passato bene, ti senti stupito, divertito, commosso e torni a casa con emozione. Se al pubblico resta dentro la voglia di imitare quello che ha visto io sono felice.

roberto angelini
Foto Simone Cecchetti

Quanto pesa la vita in tour, quanto è difficile?
Credo che di base ci siano persone adatte alla vita da tour e altre no. Chi non ama stare lontano da casa, vivere e cambiare alberghi o adattarsi, stare in tour è una sofferenza. Al contrario, se hai la giusta predisposizione, è una figata.
A me piace girare, di più che stare in studio, è una vita che adoro. Mi piace guidare, viaggiare ovunque con gli amici, esplori, conosci paesi, città, province che altrimenti non avresti mai visto. Dirò una banalità ma l’Italia è splendida nelle sue sfaccettature… e poi si magna da paura (lo dice lui che è anche ristoratore ndi). Ad una certa ora poi cominci a pensare dove mangiare e con l’età non ti va più l’autogrill come fai da giovane. E la giornata finisce sul palco con un paio d’ore a fare una cosa che ti piace. Insomma è un piccolo miracolo girare con un gruppo di amici a fare scherzi e dire cazzate. Se invece è un tour dove non conosci e non sei in un gruppo affiatato può essere più “faticoso”, ne percepisci maggiormente l’aspetto lavorativo.

Che bilancio fai della tua attività?
Mi sento onestamente miracolato; mi ritrovo a 46 anni a vivere di musica. C’avrei messo la firma da ragazzino. Sono in una situazione per me di equilibrio perfetto perché è il sogno che avevo da piccolo: faccio il musicista ma non desidero di riempire i palazzetti. Ho una popolarità a misura d’uomo, con un personaggio che non sovrasta la persona. Inoltre mi trovo nella condizione di fare un disco in cui sono tutto, senza rendere conto a nessuno (è anche discografico di se stesso con la sua etichetta Fiori Rari ndi), devo solo pormi io stesso dei paletti e questo è l’unico problema. È una libertà faticosa e conquistata.

Come vedi la situazione dei live in Italia?
Difficile valutarlo adesso. Prima del Covid c’era un’esplosione, la rinascita della musica live in Italia al di là della qualità che io non giudico. Mi piaceva l’entusiasmo della gente che riempiva i luoghi dei concerti. Era tornata la musica italiana sostituendo i dj o i soli artisti internazionali. Il Covid ha bloccato tutto questo. Non so cosa succederà dopo. Mi auguro però il ritorno di una maggior varietà sonora. Mi piaceva l’indie che non andava di moda, con una differenza sonora dei progetti. Ora sento più omologazione, si è creato un suono indie standardizzato, fatto anche da bravi musicisti ma omologati dal punto di vista sonoro. Ecco questa varietà mi manca.

Roberto Angelini
Foto Simone Cecchetti

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