TEDESCHI TRUCKS BAND: Una immersione nel suono del rock americano. Recensione

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TEDESCHI TRUCKS BAND Live Milano
17 Aprile 2019
Teatro degli Arcimboldi
Milano

Voto: 8
Foto e testo di Giorgio Zito

TEDESCHI TRUCKS BAND Live Milano

Capita raramente in Italia di vedere formazioni come questa: dodici musicisti sul palco, una band che arriva dagli U.S.A. e che non è certamente all’apice della fama alle nostre latitudini. Un impegno economico quindi notevole per gli organizzatori. Una band però dal grande richiamo tra gli appassionati del genere, che hanno riempito gli Arcimboldi.

TEDESCHI TRUCKS BAND Live Milano
Una large band

Quella che sale sul palco alle 20.50 è in effetti una band che oggi ha pochi rivali nel suo campo: una sezione fiati praticamente perfetta, tre coristi che surclassano la maggior parte delle star di casa nostra, un tastierista che ha deliziato con i suoi interventi sia alle tastiere che all’hammond, una sezione ritmica costituita da un basso micidiale e due batterie implacabili, cuore pulsante di questa macchina musicale che è la Tedeschi Trucks Band. E poi ci sono loro, i titolari della ditta: Susan Tedeschi, bellissima e duttile voce e Derek Trucks, probabilmente il miglior chitarrista rock blues oggi in circolazione.

Nessuna star

Sebbene siano i leaders della band, da loro nessun atteggiamento da star, anzi paiono sovente voler mettersi al pari degli altri componenti. Le canzoni sono quasi tutte cantate in coppia, e molto spesso ai coristi che duettano con lei viene lasciato un microfono al suo fianco in centro al palco e in ogni canzone c’è spazio per almeno un assolo di un musicista della band. Perfino Trucks, la punta di diamante della formazione, quando non si lancia in uno dei suoi mirabolanti assoli, cosa che succede comunque in ogni brano, torna nella sua posizione, un po’ di lato, quasi non fosse lui il leader.

Una chitarra che parla

Certamente colpisce questo atteggiamento quasi sottotono. D’altra parte, la sua chitarra parla per lui. Davvero un piacere ascoltare un musicista di questa levatura, la semplicità con cui entra nelle canzoni con i suoi assoli, eseguiti con una gran leggerezza di tocco, sempre senza strafare e senza inutili esibizionismi.

Rock Soul Black

Ma è tutta la band in realtà a fare faville, tutti musicisti di caratura notevole, in grado di passare dai classici del rock ad atmosfere soul e black da far invidia ad una band di New Orleans. Dal grande rock soul di “I’m Gonna Be There” al finale esplosivo di “Bound for Glory”, dagli spettacolari assoli di sax e chitarra di “Midnight in Harlem”, ad una infuocata “Soul Sacrifice” di Santana che neanche il chitarrista di origini messicane sarebbe riuscito a farla meglio. I due bis, con uno dei tre coristi che si trasforma in un novello Joe Cocker, sono puro piacere, che manda a casa il pubblico con la felicità stampata sul volto.

Solo musica zero concessione ad altro

Due ore di grande musica senza alcuna concessione alla scena, solo musica, grande musica. Un’immersione totale nel classico suono del rock americano anni ‘60 e ‘70, con tutte le sfumature soul e blues, con grandi musicisti e voci splendide. Tutto perfetto. L’unico dubbio è proprio qui: tutto talmente perfettamente aderente a quel suono che non ci si trova proprio niente di nuovo: una serata bellissima, per i nostalgici del “bel tempo che fu”.

Scaletta

Signs, High Times
Do I Look Worried
Part of Me
When Will I Begin
Right on Time
Down in the Flood (Bob Dylan cover)
I’m Gonna Be There
Bound for Glory
Midnight in Harlem
Don’t Keep Me Wonderin’ (The Allman Brothers Band cover)
More & More (Little Milton cover)
Angel From Montgomery (John Prine cover)
I Pity the Fool (Bobby “Blue” Bland cover)
Soul Sacrifice (Santana cover)
I Want More

Bis
I Walk on Guilded Splinters (Dr. John cover)
Space Captain (Joe Cocker cover


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