PEARL JAM: leggendari travolgono e conquistano i 60.000 agli I Days. Recensione
PEARL JAM concerto Milano
World Jam Tour
22 Giugno 2018
Area Expo
Milano
Voto: 10
Di Luca Trambusti
Pearl Jam, recensione live Milano
I Pearl Jam hanno travolto e conquistato i 60.000 spettatori presenti nella seconda giornata degli IDays edizione 2018. Su un gigantesco palco sistemato alla fine dell’ex area expo di Milano la band americana ha messo in scena uno spettacolo perfetto, una tempesta musicale che non ha “lasciato scampo” ai presenti. Era impossibile essere a quel concerto e non vivere grandi emozioni e sopratutto non farsi “spettinare” dal potente rock di Vedder e soci.
La voce ok
Si temeva per la voce di Vedder che pochi giorni prima si era visto costretto ad annullare una data di Londra proprio a causa di un improvviso calo di voce. Da quanto si è sentito tutto è superato e brillantemente risolto.
Un ricordo del ’92
C’è un filo speciale che lega i Pearl Jam ed Eddie Vedder in particolar modo (lo si scoprirà durante la serata) all’Italia e sopratutto a Milano. Così il concerto inizia con il cantante che leggendo alcuni fogli in italiano ricorda il loro primo concerto nel nostro paese del 1992, proprio a Milano ed attacca come fecero allora con “Release” (dall’album “Ten”, il più “saccheggiato” per la scaletta di serata) in una versione con alcune parole (incomprensibili) in italiano.
Intensità e potenza sonora che lasciano senza fiato
Da lì parte un concerto che lascia senza fiato per intensità e potenza sonora. Le prime tracce sono ancora “tranquille” ma ben presto s’inizia a far strada una forza sonora di grandissimo livello. Si torna al rock degli anni ‘70 per forza espressiva passato però attraverso il disagio del grunge anni ‘90. E’ un perfetto matrimonio tra energia ed intensità, tra sferzate di chitarre e qualche accenno di melodia.
Vedder e la band: ispirati
Sono due gli elementi che maggiormente colpiscono e che completandosi tra loro fanno grande il concerto. Da una parte ci sono la passione ed il trasporto di Eddie Vedder che sembra molto ispirato, in una serata di grazia sia vocale che emotiva. Dall’altra la band, in particolar modo gli assoli di chitarra di Mick McCready, che spingono la potenza e la pressione sonora della musica. La (le) chitarra (e) è lo strumento su cui poggia tutta l’architettura della band e sicuramente Mick è uno che con la sei corde ci sa fare. Si arriva a “Even Flow” e si raggiunge l’apoteosi. E’ una versione lunghissima, in cui in chitarrista si lancia in un interminabile assolo, con tanto di evoluzioni pirotecniche, con lo strumento sfregato agli amplificatori. Sotto il resto del gruppo “macina” una base implacabile, basso e batteria costruiscono un tappeto su cui Mick può “rotolare” con la sua chitarra. Il pubblico è già in delirio e non siamo che ad un terzo del concerto.
Brinda sul palco con la moglie
Pochi minuti di grande rock dopo arriva un’altra sorpresa. Vedder tira nuovamente fuori i fogli con le frasi in italiano (questa volta il discorso si preannuncia lungo) e ricorda di altri concerti in Italia, in particolar modo un altro a Milano “che non dimenticherò mai” (quest’ultima parola è stato molto sofferta) in quell’occasione conobbe una ragazza, che è la sua miglior amica e esattamente che 18 anni fa è diventata sua moglie (la seconda) e la madre delle sue due figlie. Chiama così sul palco un’imbarazzata Jill McCormick (ex modella) con cui apre una bottiglia di champagne e brinda al loro anniversario tra baci abbracci ed il calore festante del pubblico (le prime file sono innaffiate dal vino lanciato da Vedder). E’ un momento intimo, personale ma che con grande piacere e leggerezza viene condiviso con i 60.000 presenti (Anche il primo matrimonio del cantante ha un rapporto con l’Italia infatti i due sposi (Beth Liebing lei) dissero il loro “sì” nel 1994 al Campidoglio di Roma).
Le cover
E’ una parentesi, il concerto va avanti ma anche questo momento intimo condiviso segna il suo svolgimento e il significato, peso e valore dell’esibizione. Sempre le chitarre in primo piano portano avanti lo show. C’è spazio per i consueti riti di una festa rock: la discesa a contatto con il pubblico, prima di Vedder e poi di McCready, una canzone cantata da l’altro chitarrista Stone Gossard, inserti di “Another Brick in The Wall” dei Pink Ployd ed una cover dei Van Hallen.
Finale infuocato
Ma è il finale che accende ancora il pubblico ed impenna la qualità dello show verso i massimi picchi grazie ad “Alive” lunga, furente e elettrica al massimo, con assoli di chitarra fulminanti ed infuocati. Ma a dare il colpo finale c’è la consueta rilettura di “Rockin’In a Free World” (di Neil Young) che viene cantata a squarciagola dai 60.000 ormai tramortiti, rapiti, appassionati e conquistati da questa band di eccezionale potenza, bravura e capacità di creare passione.
Niente classico bis ma senza soluzione di continuità un brano “defaticante” per salutare il pubblico, dopo due ore di grande rock e spettacolo.
Perfetto. La conferma di una leggenda rock.
PEARL JAM
IN ITALIA
22 GIUGNO MILANO I-DAYS
(AREA EXPO-Experience Milano)
24 GIUGNO PADOVA
(STADIO EUGANEO)
26 GIUGNO ROMA
(STADIO OLIMPICO)