KAMASI WASHINGTON: il jazz popolare ma non pop Recensione live Milano e scaletta concerto

Condividi

Voto: 👏👏👏

Figura carismatica, grande e virtuoso strumentista KAMASI WASHINGTON è uno dei più importanti sassofonisti della scena musicale mondiale.

L’artista americano torna in Italia dopo aver dovuto cancellare per un problema fisico le date in Italia dello scorso ottobre, quella di Milano preview della rassegna JazzMi. Nel capoluogo lombardo si esibisce nel principale club cittadino (lo farà anche a Bologna il 24 aprile all’Estragon, mentre il 23 sarà a Roma all’Auditorium Parco della Musica). Ad attenderlo un buon numero di persone di differente estrazione anagrafica, ma sicuramente consci di che tipo di spettacolo andrà in scena.

Le premesse sono quelle di incontrare un musicista eclettico, innovatore, contaminatore che parte dal jazz ma lo spinge oltre i confini della sacralità del genere e introduce elementi di grande modernità che non disdegnano l’elettronica.

C’è papà nella band

Ad accompagnarlo una large band di sette elementi (più il band leader) dove, al sax soprano e flauto, trova spazio anche tal Rickey Washington: il padre di Kamasi. Si aggiungono anche Tony Austin (batteria), Miles Mosley (contrabbasso e basso), Brandon Coleman (tastiere), Ryan Porter (trombone), DJ Battlecat (djing, elettronica e percussioni) e Patrice Quinn (Voce)

Una band superba, versatile, formata da grandi virtuosi dello strumento.

Nelle oltre due ore di concerto Kamasi lascia grande spazio ai differenti componenti della band che si impegnano, come nella miglior tradizione e struttura jazz, in propri assoli dilatando i brani che in alcuni casi arrivano a sfiorare i 20 minuti (tant’è che in scaletta figurano solo 8 brani + bis). Queste dilatazioni sono però molto dinamiche e quindi all’interno dello stesso “brano” (o meglio composizione) ci sono differenti movimenti che rendono l’ascolto variegato, mai uguale a sé stesso.

Kamasi in cattedra

Dunque un ruolo importante lo ha la band ma al centro di tutto c’è lui, il corpulento sassofonista losangelino che quando prende la scena e sale in cattedra, ora accarezzando ora spingendo il suo strumento, porta tutto ad un livello più alto e la band si mette completamente al suo servizio girando fluida, ritmica accompagnandolo nei suoi lunghi, virtuosi e trascinanti assoli di sax.

Tutto questo avviene in un contesto di grande contaminazione che rende il jazz popolare ma non pop, Kamasi Washington trascina il jazz su territori nuovi, apre le porte ad altri generi, lo contamina con stili diversi come in realtà molti altri hanno fatto, ma la sua peculiarità, la sua modernità sta nel fatto di introdurre elementi di elettronica, di grande attualità. Ecco allora gli scratch del Dj, le tastiere con suoni figli del tempo e spesso frammenti di Hip Hop vecchia maniera. Colpisce poi anche l’estremizzazione dell’uso dell’autotune la cui presenza non è “correttivo” ma un fattore assolutamente creativo, diventando uno strumento a sé stante che s’inserisce nel contesto del concerto, confondendosi anche con il suono delle tastiere. Oppure quando la band lascia spazio al solo Dj che sposta il tutto in un contesto tipico da club (ma non jazz club) con ritmo ed elettronica protagonisti in scena.

Un concerto per tutti

Ecco allora spiegato il perché un artista jazz riesce a sostenere un club di grandi dimensioni come l’Alcatraz e a essere osannato a ogni suo solo come fosse una vera rockstar. La sua visione, la sua concezione del jazz lo porta a raccogliere consensi a conquistare un pubblico che magari non è sempre e solo proveniente dal jazz, genere di solito, nella sua accezione più “purista”, “relegato” a locali di ben altre dimensioni. Kamasi Washington apre le porte al pubblico, è accogliente, ci sono tante e tali aperture che lo fanno apprezzare anche a chi il jazz non lo mastica costantemente, ma allo stesso tempo non fa fuggire i puristi del genere (che magari storcono un po’ la bocca ma poi s’inchinano al genio e allo stile del sassofonista americano).

Quello speso con Kamasi è un buon tempo, di qualità e di divertimento (come divertenti sono gli intermezzi con cui introduce alcune canzoni). Approcciare questo artista significa entrare in uno spazio variegato, arredato con elementi diversi, facenti tutti capo alla musica di qualità ma senza nessuna “spocchia” e con una notevole apertura mentale.

Scaletta

Lesanu
Asha the First
Lines in the Sand
Road to Self (KO)
Get Lit (Solo Dj)
Vi lua vi sol
Together
Prologue (Cover di Astor Piazzolla)

Encore:
Re Run

https://www.facebook.com/kamasiw


Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarĂ  pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *