DIRTY HONEY fottuto rock’n’roll live a Milano (Recensione e scaletta)

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Per una sera, con i DIRTY HONEY, il fottuto rock’n’roll si riprende la scena e torna a ruggire con un live a Milano, per la felicità di un discreto numero di spettatori che però evidentemente, dal calore e dall’entusiasmo, non aspettavano che di essere spettinati dalle chitarre e rullati dalla batteria.

Si parte con gli Ac/Dc… non a caso

I Dirty Honey sono un tradizionale quartetto (voce, chitarra, basso e batteria) che si muove in un terreno prettamente hard rock o hard blues. Tanto per dire la band sale sul palco sulle note di “Rock’n’Roll Domination” degli Ac/Dc ed è in questo segno e solco che si svolgerà l’intero concerto.

La partenza è al fulmicotone, con “Can’t Find The Brakes”, canzone che dà il titolo al loro ultimo lavoro e nome del tour con cui i losangelini stanno presentando live il disco. Se siete appassionati di vecchio caro R’n’R un brano di questo genere è “miele” per le proprie orecchie.

I quattro, Marc LaBelle – voce, John Notto – chitarra, Justin Smolian – basso e Jaydon Bean – batteria, rappresentano la perfetta iconografia rockettara: capelli lunghi e “permanentati”, dress code a base di pelle e di velluto nero liscio, occhiali neri sulla faccia per avere più carisma (citando qualcuno). Non mancano poi i soliti trucchi acchiappa applausi come il suonare la chitarra dietro il collo. Non è tuttavia solo una questione di aspetto o di look quanto di sostanza musicale. Con il loro concerto ci si immerge nel rock americano, in quella musica che si muove tra l’hard rock e l’hard blues che ha avuto il suo splendore negli anni ’70. Tant’è che proprio lì si torna per suoni, stile ed emozioni.

Senza pause

I Dirty Honey sono delle macchine che macinano musica, tra assoli e riff mentre la batteria è incessante accompagnata da un basso pulsante e pieno di groove, il tutto all’insegna dell’essenzialità, senza fronzoli sena sovrastrutture.

Non c’è un momento di pausa, non c’è mai calo di tensione, la chitarra guida tutto mentre il frontman gioca con l’asta del microfono, si protende verso il pubblico e lo incita. C’è molta empatia con la platea. A un certo punto Marc scende dal palco, attraversa tutto il parterre, sale la scalinata dove si assiepa il pubblico, canta tra loro e poi prosegue esibendosi alle spalle dei presenti salendo sul bancone del bar.

Calore e passione accompagnano il concerto, esplodono in una lunghissima “Scars”, (il momento più alto del concerto) con assoli interminabili e dilatati, che riportano indietro catapultando l’ascoltatori circa nel 1974.

Tra passato e presente, tradizione e modernità

C’è, immancabile, anche un breve angolo acustico di due brani uno dei quali è una bellissima, veloce, molto personale versione di “Honky Tonk Women” cover del brano dei Rolling Stones.

I bis sono aperti dall’unica ballatona della serata: “You Make it All Right” con melodie e riff che s’inseguono.

Così, tra passato e presente, tradizione e modernità i Dirty Honey, un po’ come i Black Crowes, rappresentano con orgoglio il lato moderno del Rock’n’roll, un territorio che ha avuto e ha ancora una grande vitalità e dignità. E per una sera condividono con il pubblico questa grande passione e amore, ricevendo passione e amore.

Immancabili per appassionati e buone orecchie del r’n’r.

Scaletta

Can’t Find the Brakes
California Dreamin’
Heartbreaker
Get a Little High
Scars
Dirty Mind
Tied Up
Coming Home (Ballad of the Shire)
Honky Tonk Women
Don’t Put Out the Fire
Roam
The Wire
Another Last Time
When I’m Gone

Encore:
You Make It All Right
Won’t Take Me Alive
Rolling 7s

https://www.facebook.com/DirtyHoneyMusic


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