JAMES BLAKE: la frammentazione elettronica (Recensione concerto)

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JAMES BLAKE
Playing Robots Into Heaven Tour

18 settembre 2023
Fabrique
Milano

Voto: 6
Recensione di Luca Trambusti

Parte da Milano il nuovo tour di James Blake, quello con cui il 35enne musicista e produttore londinese presenta live il suo sesto disco Playing Robots Into Heaven uscito dieci giorni prima della partenza del tour.

Un’esperienza spiazzante

Assistere a questo concerto di James Blake è un’esperienza spiazzante, uno show che ti toglie ogni punto di riferimento, ogni certezza e linearità musicale.

Per la durata del suo concerto Blake si muove tra mille e più rivoli sonori e stilistici che s’intrecciano tra loro, si superano e si confondono all’interno di uno stesso brano (o composizione, ma non chiamatele canzoni) creando a tratti una stordente confusione, un continuo cambio di stato emotivo e artistico.

Si passa dal ritmo cassa dritta a ritmi più spezzati, si calpesta il breakbeat, ci si accosta alla techno, ti accarezzano morbide atmosfere avvolgenti, ti ipnotizzano parti ripetitive, ti frastorna il rumore, ti diverte e rilassa il pop e ti ammaliano brani di grande intensità eseguiti voce e piano, ti cullano le atmosfere sinfoniche un po’ prog.

Tutto questo in circa due ore o … anche nei pochi minuti di una composizione.

La ricerca sonora

I tre sul palco (due tastiere, uno dei due a tratti alla chitarra e una batteria d’appoggio alle ritmiche elettroniche) lavorano per una costante applicazione di una precedente ricerca sonora che è la chiave di volta della proposta musicale di Blake. È una ricerca di suoni e soluzioni sonore a tratti sin esagerata e a tratti affascinante, anche in questo caso in alternanza.

Altro elemento essenziale è il ritmo che a volte ti martella con la cassa dritta (e lì ci si diverte), mentre in altre occasioni una parte ritmica fluida fa fatica a distendersi, a prendere corpo, forma e sostanza univoca e precisa, lasciando un senso di frustrazione e d’incompletezza.

Non tutto però è così frastagliato. Quando la direzione si fa chiara e prende per mano la composizione, che sia di elettronica pura, sia che sia pop, tutto diventa magico e accattivante. Il fatto è che purtroppo questa linearità non arriva spesso. E lo fa soprattutto quando Blake esplora la sua anima pop.

Tutto si affastella, tutto si stratifica e tutto si alterna. Potrebbe essere un pregio, ma in questo caso diventa un limite, tale e tanta varietà rende il concerto difficile da seguire, lasciando un senso di frammenta incompletezza, salvo poi prendere una piega diversa quando la varietà si riduce e si comprime.

Senza tranquillità

Anche la platea sembrava un po’ frastornata, sempre in attesa di un liberatorio momento a cui affidarsi con certezza e tranquillità per viaggiare su dei comodi vagoni.

Notevole il cantato di James che ricorda Sam Smith e/o Anohni and the Johnsons, già noti come Antony and the Johnsons. Interessante anche il light show, parte integrante dell’intera performance.

Peccato. Un concerto tra luci e ombre. A volte esagerare non premia.

https://www.facebook.com/jamesblakemusic


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