AFGHAN WHIGS: Si chiama rock, della miglior specie (Recensione e scaletta)

Condividi

AFGHAN WHIGS
25 ottobre 2022
Santeria Toscana 31
Milano

Recensione e foto di Giorgio Zito
Voto 7,5

Finalmente gli Afghan Whigs sono tornati in Italia, a seguito del nuovo, atteso lavoro discografico.

Un tuffo nei ’90

Sembra passato un secolo da quel concerto a Sonoria del 1996, e anche se la band è tornata altre volte nel nostro paese, una buona parte del pubblico stasera sembra arrivare direttamente dagli anni ’90, anche se non mancano alcuni fans del bravo Ed Harcourt, che ha aperto il concerto. Il tour segue il ritorno discografico della band di Cincinnati dopo cinque anni, con il nuovo How Do You Burn? al quale è dedicata buona parte della scaletta.

Afghan Whigs

Il vero rock

La band è in tour già da qualche tempo, e sul palco dimostra compattezza e precisione. Quello che ascoltiamo è un concerto infuocato, con le chitarre urlanti e le orecchie sanguinanti per il volume sparato al massimo. Si chiama rock, della miglior specie, e Greg Dulli ne è uno dei principali alfieri. E’ un tuffo all’indietro nel miglior rock degli anni ’90, ma il suono degli Afghan Whigs risulta ancora molto attuale, soprattutto nella versione live. Poche band oggi suonano con questa forza, con un impatto così dirompente, ma che sa anche essere delicato. Un rock duro ma dal cuore soul, con il leader che alterna la chitarra nei brani più duri, alle tastiere per quelli più melodici, passando dall’impatto violento delle tre chitarre elettriche al suono più delicato di tastiere e violino.

Afghan Whigs

La scaletta e le cover

In scaletta, oltre ai nuovi brani, largo spazio è lasciato ai due dischi precedenti, ma sono presenti anche alcuni classici, molto attesi a giudicare dagli applausi del pubblico, e anche qualche sorpresa. All’apertura tiratissima con alcuni brani dell’ultimo disco, segue una sequenza praticamente senza pause di quasi due ore di rock tiratissimo, con qualche ballata ogni tanto a rallentare il ritmo, e poco spazio alla nostalgia del tempo che fu e ai classici degli anni ‘90. Tra questi, spiccano la splendida “Gentlemen”, il capolavoro “What Jail Is Like”, la piccola hit “Somethin’ Hot” e sul finale di serata il classicone “Summer’s Kiss”, che stende le residue forze del pubblico delle prime file.

Le sorprese sono alcune cover piazzate nella scaletta, accennate e utilizzate come intro ai brani: dal classico blues “Who do you love?” all’inaspettato “Heaven on their Minds” da Jesus Christ Superstar. Dulli si conferma anche stavolta un frontman che non concede niente allo spettacolo, anche se sorprende a improvvisare “Angie”, il classico degli Stones, per far cantare il pubblico. Ma il colpo da maestro è il brano finale: doveva essere il bis, ma la band non finge nemmeno di uscire, e attacca una versione quasi irriconoscibile di “There Is a Light That Never Goes Out” degli Smiths, usata da Greg Dulli per presentare i suoi compagni di viaggio. Chapeau.

Afghan Whigs

Scaletta

Jyja
I’ll Make you See God
Matamoros
Light as a Feather
Oriole
Toy Automatic
Gentleman
What Jail Is Like
Who Do You Love
Fountain and Fairfax
Algiers
Catch a Colt
I Am Fire
Heaven on their minds
Somethin Hot
Please, Baby, Please
It Kills
Demon In Profile
A Line of Shots
John The Baptist
Summer’s Kiss
Into the floor
There is a light


Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *