DELVON LAMARR TRIO: bene l’essenzialità del groove, male la platea. Recensione

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DELVON LAMARR TRIO bene il groove
JazzMi Preview
24 Luglio 2019
BASE
Milano

Voto 7,5
Di Luca Trambusti


DELVON LAMARR bene il groove

JazzMi Preview

Quello che è andato in scena in una calda notte milanese è un gustoso antipasto di ciò che sarà il JazzMi 2019, la rassegna dedicata alla musica jazz (in un’accezione molto allargata e parecchio contaminata del termine) che vedrà Milano riempirsi di musica dall’1 al 10 novembre.

DELVON LAMARR bene il groove
Nel cortile del BASE uno spoglio ed essenziale palco aspetta tre musicisti eccezionali dal punto di vista tecnico e del groove. Guidato da Delvon Lamarr il trio vede un organista (Lamarr appunto), un chitarrista (il corpulento Jimmy James) ed un batterista (Keith Laudieri, l’unico bianco). Formazione minima che riesce tuttavia a creare un’atmosfera torrida e non solo dal punto di vista climatico.

Sollecitati dal pubblico, con un po’ di ritardo, salgono sul palco, in un contesto di grande semplicità, familiarità, niente entrate trionfali, semplicemente i tre arrivano dal retro palco e salgono dal fronte palco, sfiorando il pubblico della prima fila, comodamente seduto su delle sdraio da mare.

Quello che i tre riescono a fare è inversamente proporzionale alla semplicità della location e di tutto il contesto.

DELVON LAMARR bene il groove
Lunghe treccine che fuoriescono da una coppoletta di pelle Delvon Lamarr si siede dietro il suo B-3 (il modello dell’organo Hammond) con cui si occupa (attraverso la pedaliera) anche delle parti di basso. Quasi appoggiato all’albero intorno a cui è costruito il palco, il chitarrista inforca il suo strumento ed il batterista gli occhiali scuri e si parte.

Stili e ritmo

Il suono è un perfetto mix tra i tre strumenti, oltre che un meltin pot stilistico. Così chitarra ed organo si dividono le parti soliste sorreggendosi a vicenda ed appoggiando i propri soli sui reciproci riff. Il tutto poi si sostiene su un’incredibile batteria che incessante tiene dei ritmi a volte improponibili. Così a parte alcune lungaggini e ripetizioni troppo prolungate il virtuosismo non prevale mai sul groove, non c’è niente di lezioso o di volutamente ricercato da rendere stucchevole ciò che si ascolta.

Il territorio in cui si muovono i tre è assai particolare, più che un sentiero sembrano spingersi su delle praterie nelle quali spaziare stilisticamente. La base è quella del jazz, da cui derivano le lunghe digressioni strumentali e la completa assenza del cantato. Ma tante sono le contaminazioni con deviazioni in prevalenza verso il soul, il funky ed il R&B. Gli assoli di chitarra ci riportano invece al mondo del rock, del jazz rock e soprattutto del rock blues. Jimmy James è un ottimo chitarrista che fa scelte sonore ben precise per lo strumento: la sua chitarra non urla mai, piuttosto ruggisce ed allo stesso tempo graffia, mentre lui la suona con i denti (una delle concessioni che i tre fanno allo spettacolo, in un contesto dove anche le luci sono fisse).

Ovviamente la chitarra nelle parti soliste ha maggior fantasia, libertà e versatilità che sono elementi tipici dello strumento. La presenza dell’organo e le sue lunghe fughe riportano alla mente le sonorità e lo stile di Booker T. & the M.G.’s a cavallo tra i ’60 ed i ’70.

Le cover

Così i titoli in scaletta hanno poca importanza e rilevanza, spesso si dilatano per moltissimi minuti, mentre è da segnalare che i tre si divertono a mettere, più o meno palesemente, nella loro esibizione parecchie citazioni, tutte da scoprire, che vanno da Jimi Hendrix agli Europe e che si palesano sul finale con due brevi riletture, anch’esse strumentali, di “Smells Like Teen Spirit” dei Nirvana (con le melodie vocali riprodotte all’organo) e la conclusiva “Whole Lotta Love” dei Led Zeppelin.

Nel complesso, al netto di qualche lungaggine di troppo, il concerto è piacevole, divertente con ampi tratti di ballabilità. Un po’ improvvisato, tronco e confusionario il finale: i musicisti sembrerebbero voler continuare, la manager/moglie li blocca e loro quasi stupiti scendono dal palco per tornare dopo pochi minuti per un frettoloso bis che il chitarrista vorrebbe allungare….  

Per favore un po’ di attenzione

Ancora una volta però va segnalato il pessimo comportamento del pubblico. In questa occasione, ancor più di tante altre, il chiacchiericcio tra i presenti era veramente insopportabile. Da metà platea indietro non c’era una persona che ascoltasse con un briciolo di attenzione. Tutti parlavano degli affari loro a voce alta disinteressandosi di ciò che succedeva sul palco e mancando anche di rispetto a chi invece voleva ascoltare. Comprensibile che questa musica possa anche essere (erroneamente) considerata di sottofondo, comprensibile che i 10 euro di biglietto possano richiamare un pubblico eterogeneo e magari poco curioso ed attento, con solo la voglia di passare una serata all’aperto in compagnia…  ma a tutto dovrebbe esserci un limite. Voto pubblico: 1


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