PHIL COLLINS porta in scena grande musica e il suo coraggio da leone. Recensione

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PHIL COLLINS coraggio da leone
STILL NOT DEAD YET LIVE TOUR
17 Giugno 2019
Mediolanum Forum
Milano – Assago

Voto: 9
Di Luca Trambusti

PHIL COLLINS coraggio da leone

La prima sensazione che si ha è quella della tristezza, che ti agguanta e ti porta via quando lo si vede salire sul palco, lentamente, appoggiato ad un bastone e poi sedersi su una sedia da cui non si alzerà per tutto il concerto (salvo la parentesi dei bis). Te lo immagini giovane (come tutti noi lo siamo stati), seduto dietro una batteria a macinare ritmi a volte improponibili o a cantare agitandosi come un folletto sul palco. Certo erano tanti anni fa ma, per chi ha vissuto quell’età Phil Collins è stato il motore dei Genesis, prima ritmico e poi da front man, mutando anche il progetto originario ma pur sempre restando nell’ambito della grande qualità. Per alcuni adolescenti di metà anni 70 vedere qualche raro video dei Genesis (per sempre grati a “Punk e a Capo” grande intuizione televisiva di Franz Di Cioccio) provocava fremiti adolescenziali pari quasi a quelli della consultazione di qualche rivista un po’ (tanto) “scollacciata”. Phil Collins ce lo ricordiamo anche in un passato più recente, autore in conto proprio di tante hit che hanno riempito i suoi dischi ed i suoi concerti dove si divideva tra microfono e batteria.

Il tempo passa

Quindi ritrovare oggi in queste condizioni il grande batterista e poi popstar, fa male, fa pensare all’ineluttabile infamia del destino e di come il tempo passi più o meno decentemente; il tutto poi amplificato dalla personale visione di un pubblico che con Collins divide anche la questione anagrafica. Di certo gli eventi umani e soprattutto di salute non sono stati assolutamente favorevoli al 68enne musicista inglese.

Queste considerazioni però durano ben poco e dall’iniziale tristezza e dolore, in poche battute musicali si passa ad una grandissima ammirazione per un uomo che nonostante tutto vuole ancora regalare qualcosa al suo pubblico ed a sé stesso e lo fa con un bagaglio di dignità e di umiltà che dovrebbe essere esempio per molti. E così, grazie anche ad una innumerevole seri di hit sfornati in carriera ed eseguiti da una band STELLARE quello del “Still Not Dead Yet Live Tour” (ironico sin dal titolo) si dimostra un grande concerto, pieno di energia, di vita e di vitalità, in c**o agli eventi ed alle avversità. Quello che abbiamo visto sul palco era un leone, ferito ma ancora capace di ruggire e di continuare ad essere re ed eroe (e non solo per un giorno visto l’impegno del tour).

La band

PHIL COLLINS coraggio da leone
Sul palco oltre a Phil Collins c’è una band di grandissimo spessore artistico (e dalle relazioni sul palco sembrerebbe anche umano) composta da una sezione fiati (due trombe, sax e trombone), 4 coristi (due uomini e due donne) che hanno ampi spazi, due chitarre (acustica ed elettrica), basso, tastiere, percussioni. Molti di questi sono da tempo fedeli compagni di viaggio di Collins anche nel progetto Genesis.

Sul “caldissimo” seggiolino della batteria siede un giovanissimo Nicholas Collins, il 18enne figlio di Phil, che evidentemente ha appreso molto bene la lezione di papà pur con uno stile differente dall’illustre genitore. Sono loro a dare respiro, energia e potenza alle innumerevoli hit composte da Collins in carriera. L’ex batterista non disdegna nemmeno il repertorio dei Genesis, riproponendo ovviamente quello della terza fase della carriera del gruppo: il disco più lontano da cui pescare è “….And Then There Were Three” (1978 album arrivato dopo il distacco anche di Steve Hackett).

Gli arrangiamenti scelti puntano molto verso la black music, soprattutto il vecchio e glorioso R&B ed il soul con tanto di fiati, mettendo un po’ da parte l’anima più pop di Phil Collins. Lo dimostrano anche le cover delle Supremes e di “Easy Lover” composta dall’Earth Wind & Fire Phil Bailey. In questa direzione spicca anche in particolare modo “I Missed Again” dall’album “Face Value” del 1981, il primo episodio solista dell’allora front man dei Genesis.

Il figlio alla batteria

Ma in particolare quello che colpisce e conta in questo concerto è la solidità, la compattezza dell’esecuzione. In pratica ci sono solo pochi momenti “intimi”, alcuni brani più delicati (di cui “You Know What I Mean” con il figlio che abbandona la batteria e si siede al pianoforte per accompagnare il padre ed al termine del quale i due si abbracciano) sono l’unica concessione. Per il resto si va avanti come treni, con tanto ritmo, sia musicale che spettacolare. Sono queste le occasioni in cui le condizioni fisiche di Collins sembrano passare in secondo piano anche se poi a fine concerto appare veramente affaticato, con la voce in affanno.

PHIL COLLINS coraggio da leone
E’ un concerto che presenta parecchi spunti di riflessione. Uno emotivo, per l’amore verso il protagonista amplificato dalle sue condizioni di salute. Un altro è la dimostrazione di come la musica, le canzoni possano prendere il sopravvento sul “personaggio” e soprattutto sullo spettacolo.

Ancora c’è da ragionare sul fatto di come Collins (per carità, facendone di necessità virtù) sia capace di metterci la faccia e la firma ma di lasciare la scena ai musicisti, alla sua band, sono loro a fare lo “spettacolo”, a condurre il concerto, guardati e benedetti dal grande “padrone di casa”, che conscio del suo presente e del suo passato lascia fare…..

Unico neo è l’assolo di batteria. Condotto dal figlio e dal percussionista Luis Conte, sul finale si aggiunge anche Collins, che percuote a mani nude una tavoletta ritmica elettronica regalando qualche momento di ritmo insieme agli altri due seduti sulle drum box affianco al leader. Ecco questo è il momento in cui riaffiora la tristezza, la nostalgia, la malinconia che sembra anche trasparire dal volto dello stesso Collins.

Le emozioni erano nell’aria stanotte

Emozionante anche il momento immancabile ed attesissimo di “In The Air Tonight”, in un arrangiamento lontano dall’originale (soprattutto nella parte iniziale) ma che ancora regala dei brividi all’epocale entrata della batteria. Al termine del brano si alza la seconda delle due standing ovation che l’affezionato pubblico regala a Phil Collins.

Emozioni e grande musica per una serata si sono abbracciate mettendo al centro Phil Collins, lasciando da parte tristezza e problemi fisici.


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