JONNY LANG breve, intenso, vario e sudato Recensione

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JONNY LANG a Milano
10 Giugno 2019
Serraglio
Milano

Voto: 8,5
Di Luca Trambusti

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JONNY LANG a Milano

Molti dei presenti all’esibizione milanese di Jonny Lang hanno conosciuto ed apprezzato nel 1997 il bluesman di Fargo come un bimbo prodigio. Fu infatti in quell’anno che esordì discograficamente, firmando il suo primo contratto con una grande etichetta, alla giovane età di 16 anni pubblicando “Lie To Me”, il suo album più noto e di successo. Non si trattò però di una semplice fiammata: il giovane Lang da subito dimostrò di aveva grandi capacità tecniche chitarristiche e vocali. Lo ha confermato, pur con alterne fortune, nel corso della sua carriera sini ad arrivare nella schiera dei grandi chitarristi moderni. Certo il suo esordio in così giovane età aiutò mediaticamente, poi la sua popolarità si ridusse in un alveo più consono al suo stile blues rock.

La scaletta

Con una lunga carriera alle spalle ed un bel presente (da anni ripulito anche da alcool e droga) Jonny Lang fa tappa a Milano per uno degli ultimi concerti nei club della stagione. In una temperatura torrida e di fronte ad un centinaio di persone, veri e appassionati fan, il 38enne chitarrista americano ha regalato una sudatissima performance di altissimo livello tecnico ed emotivo.

Accompagnato da una band composta da un secondo chitarrista, un tastierista, un corpulento e muscolare batterista ed un impassibile bassista. Jonny Lang ha suonato per un’ora e mezzo tra l’entusiasmo dei presenti e la sua felicità (che a volte sembrava sorpresa) per l’accoglienza del pubblico.

Inizio fulminante

La scaletta, con poche tracce alcune delle quali lunghe, era composta di momenti differenti. Molto aggressiva la prima parte, fatta di lunghi e pirotecnici assoli, tutta incentrata sulla potenza del rock blues, perfettamente adatta come “scalda ambiente” (se mai ce ne fosse stato bisogno!). E’ il momento più “aggressivo”, rumoroso e muscolare dell’intero concerto. Allo stesso tempo è il primo assaggio di quelle che sono le capacità tecniche alla chitarra ed al microfono del protagonista. Sul manico della sei corde Lang vola con precisione e potenza, mentre con la voce scava in profondità sui bassi, grida e ruggisce senza mai perdere il controllo (con una divertente e coinvolta mimica facciale). E’ il momento in cui l’energia domina la scena.

Oltre il furore

Finiti i primi tre aggressivi brani, ormai tutto sudato, il musicista americano si sposta verso sonorità più jazzy, con un brano che gli permette di riprendere fiato pur continuando a tenere alto il tasso tecnico ed emotivo della serata. Il concerto prosegue su atmosfere più rilassate, con ballate in cui la chitarra è sempre protagonista ma non viene più “maltrattata” come nella sezione iniziale che, in tal senso, resta unica. Ci si muove tra delicatezza e qualche accenno ritmico più marcato, in una parte del concerto in cui si ragiona in termini di ascolto che in quelli fisici e impattanti. Spicca in questo segmento “Everything Is Going To Be Alright” anch’essa eseguita in una versione dilatata. Più ci si avvicina alla fine e più risale la potenza sonora, che resta comunque frenata e mai più furente.

Ti amo!

Arriva, un po’ tra la sorpresa del pubblico, dopo poco più di un’ora il momento dei “finti” saluti. La band, come da rito, lascia il palco per risalirci pochi minuti dopo, richiamata ed acclamata dal pubblico (durante il concerto si è sentito più volte il grido “Ti Amo”/”I Love You” a cui Lang ha risposto con un sorriso).

Tutti sudati

Pubblico ed artisti sudati ringraziano e….. si corre verso l’uscita a cercare un po’ di aria fresca.

Cuore, passione, sudore, blues ed energia sono gli elementi di un concerto dalle molte sfumature, che conferma come il “fenomeno Lang” sia andato oltre il “fenomeno kid”.


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