MASSIMO PRIVIERO: dalla poesia al rock per raccontare la Storia, l’Italia e le sue migrazioni. Recensione concerto live Milano

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MASSIMO PRIVIERO
ALL’ITALIA TOUR
15 Ottobre 2017
Alcatraz
Milano

Voto: 8
Di Luca Trambusti

Massimo Priviero fa centro. Il suo concerto di presentazione del nuovo disco cattura il pubblico, in verità composto dai fan del musicista “veneto lombardo”. L’esibizione milanese arriva a ridosso dell’uscita del suo nuovo album, dal titolo “All’Italia”, che chiaramente è un tributo al nostro Paese attraverso le storie di immigrazione, moderne ed antiche lo hanno caratterizzato.

Massimo nella sua carriera ha sempre saputo raccontare storie, molte a sfondo storico (che è il suo campo), altre più personali ma sempre con un riferimento alla società, alla vita vissuta, in qualche modo alla politica. E questo concerto di milanese lo ha dimostrato, sia sulle nuove composizioni che sul repertorio.

Massimo Priviero
Il menestrello

L’inizio del concerto è affidato alla voce, chitarra acustica ed armonica, da vero menestrello e, Massimo mi perdonerà ma occorre dirlo, il richiamo è ai songwriter americani, in particolare l’armonica è springsteeniana. In questa prima parte del concerto quello che “comanda” sono proprio i testi, le storie di emigrazione che raccontano, i profili dei personaggi che tratteggia nei suoi brani. E’ un momento di grande poesia, intensità ed emozione, un momento che richiede attenzione (e Massimo stesso la sollecita al pubblico), cosa sempre più difficile da ottenere ad un concerto. Sono 4 brani (a cui si aggiungono una fisarmonica ed un mandolino) ma dimostrano quale sia la strada che disegna il suo ultimo bell’album.

Massimo Priviero
Il rocker

Finita questa parte acustica il concerto cambia pelle, si entra nei percorsi del rock più classico, quello con una matrice americana, in cui a guidare il suono sono la chitarra ed il pianoforte. E’ una cavalcata senza soste quella che Massimo e la band propongono al pubblico, un rock sanguigno, potente, in cui i brani si susseguono senza sosta, facendo ballare ma anche pensare. Grande energia che nasconde anche un briciolo di rabbia verso i destini del mondo.

Il Folk

Terminata l’energia si passa ad una manciata di brani più riflessivi, di origine folk, musicalmente più complessi di quelli della prima parte del concerto ma ugualmente densi. Si susseguono canzoni che sono dichiarazioni d’amore nei confronti dell’Italia, mentre sul palco salgono anche gli ospiti della serata.

Massimo Priviero
Il rock diventa potente

La terza ed ultima parte delo show è quella più potente, più virata all’essenza dell’energia rock, dove il tutto si sposta e si sporca anche di una certa leggerezza (da non confondersi con la superficialità). E’ energia pura, potenza sonora. Il concerto si chiude sulle note di quello che è la parola d’ordine di Massimo “Nessuna Resa Mai” questa volta suonata, con un briciolo di ironia, in versione “The Who”. Qui c’è l’unica pecca della scaletta (perfetta): “il Mare” andava suonata in un altro punto, suggerirei al rientro della parte folk perché la ballata ha interrotto la potenza e l’anima dei brani precedenti. Peccato veniale.

Massimo Priviero
Le emozioni finali

E’ tardi (il concerto è durato sulle 2 ore e mezza) ma c’è tempo ancora per i bis: sul palco una drum session di strada che accompagna Massimo con il ritmo dei tanti tamburi. Ma, in prossimità della mezzanotte e con i gestori del locale che si agitano, c’è spazio ancora per un momento di grande, grandissima intensità. Arriva, introdotta da una lunga chiacchierata di Massimo, “Bataclan” un brano delicatissimo, dedicato a Valeria Solesin ed i suoi genitori (che Massimo definisce fantastici). Valeria è una delle vittime del l’attentato al locale parigino, anche lei, simbolo e vittima dell’Italia che emigra. E’ una lettera che Valeria scrive alla madre, un brano di grande intensità che tuttavia non cade nella retorica e nel melodramma. E’ arrivata mezzanotte, le luci si sono accese è ora di uscire.

Quella di Priviero (e band) è stata una performance convincente, poco segnata anche da quelli che sono i limite altre volte emersi di Massimo. Mancava infatti quella forzatura vocale (è apparsa solo pochi momenti) che in altre occasioni ha sporcato la performance, lo stesso il suo comportamento sul palco è stato essenziale, coinvolgente ma senza debordare in pose da consumato rocker.

Massimo Priviero
Tra critiche e speranze e senso di appartenenza

A Massimo Priviero vanno riconosciuti limiti e meriti (in questo caso sono emersi più i secondi dei primi). I limiti sono stilistici. Troppo forte è il continuo richiamo ad un certo rock americano, bellissima e legittima scelta ma alcune soluzioni sonore paiono già troppo sentite per quanto piacevoli (è una critica che Priviero si porta dietro da tempo e che gli brucia anche). Lo stesso dicasi del suo modo di cantare, che in questa occasione è stato invece contenuto, quasi perfetto. I suoi pregi (e non sono da poco) è l’abilità di scrittura e la sua grande, grandissima coerenza nell’affrontare il mondo musicale e l’approccio alla vita. In sostanza Massimo non solo sogna la condivisibile speranza di un mondo diverso ma tende lui stesso ad essere coerente sin nelle sua scelte lavorative verso questo idealismo. Ha rinunciato a molto per proseguire nella sua arte, nella sua convinzione, Ed alla fine il pubblico, coinvolto e fedele lo ha sempre premiato anche in numeri ridotti ma coerenti e concreti.

Bravo Massimo, grazie per una serata da cui si è usciti leggeri, soddisfatti ed allo stesso tempo con un cuore pieno di emozioni e le orecchie colme di buona musica e con un comune senso di appartenenza.


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