CAGE THE ELEPHANT: Energia rock da scoprire. Recensione Concerto Milano

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CAGE THE ELEPHANT
31 Gennaio 2017
Fabrique
Milano

Voto: 8,5
di Luca Trambusti

Per la loro prima e (per ora) unica volta in Italia i Cage The Elephant hanno avuto a disposizione il palco del Fabrique di Milano. Il pubblico non è numerosissimo ma la sala, nella sua configurazione ridotta, appare piena. Pochi ma buoni verrebbe da dire, infatti si tratta di un cospicuo drappello di appassionati (molti parlavano in inglese) che mandavano a memoria le canzoni della band.

Dopo l’esibizione degli americani Twin Peaks segue una mezz’ora di soudcheck (non definitivo visto che per i primi brani la voce aveva dei problemi) e poi s’inizia. L’impatto dello show è fin da subito forte. Si capisce immediatamente che le chitarre saranno le protagoniste assolute della serata sorrette a volte da dei tastieroni. E’ una partenza veloce, grintosa, energia pura che viene riversata sul pubblico. L’impatto maggiore però lo regala il frontman cantante Matthew Shultz. Salta, canta, urla, si agita, si arrampica sulle spalle del chitarrista. Una vera forza da palcoscenico, uno spettacolo nello spettacolo. Le sue movenze, il suo modo di stare sul palco ricordano molto Mick Jagger (per l’uso delle braccia, i movimenti e le mosse), un Jagger (giovane) e più garage, quasi punk.

Quello presentato dalla band americana è uno show che è un percorso nella storia del rock. Sebbene siano d’oltreocenao l’impronta sonora è a assolutamente e sorprendentemente d’oltremanica dove peraltro i Cage The Elephant si sono trasferiti. Tra rock garage, muri di chitarre ed energia allo stato puro che arriva a sfiorare da vicino l’hard rock spuntano mille riferimenti. Non solo lo stile Jagger del cantante ma anche la musica delle pietre rotolanti segna quella della band americana. Più in generale la lezione del periodo a cavallo tra la fine dei ’60 e tutti i ’70 (quindi dal beat al punk, passando per il rock blues) è stata ben assimilata dai Cage. Oltre agli Stones ci sono i Kinks, i Deep Purple e le loro ritmiche tipiche. Se le chitarre sono anni ’70 i “bordoni” delle tastiere ci riportano agli ’80.

Al di là della ricerca (forse un po’ inutile e che lascia il tempo che trova) delle radici, il concerto è energia allo stato puro; il pubblico canta balla, poga e si scatena nella vera essenza del rock’n’roll, fregandosene allegramente se c’è lo stile “stoniamo” o altro. E lo stesso fa sul palco Matthew Shultz assecondato ed assecondando i suoi compagni di avventura.

La scaletta, nella durata di un’ora e mezzo del concerto, “pesca” tra i 4 album della band ed ha una sua forma precisa: un inizio rock’n’roll, una seconda parte dove si introducono delle ballate, una terza parte hard rock dove le chitarre sono la massimo, un rientro per i bis acustico e poi ancora tanta energia sino al conclusivo “Crowd Surfing” su una base rumoristica con Matthew Shultz a torso nudo.

La loro prima volta in Italia è stata tutto sommato un successo con un concerto interessante che ha mostrato di quale pasta siano fatti questi ragazzi americani, quale sia il loro impatto e come costruiscono le loro performance. Dal vivo la loro anima rock si esalta ed esplode lasciando solo poche occasioni alla parte melodica che comunque nella maggior parte dei casi viene “nascosta” da un muro di chitarre.

La band stessa pare aver gradito molto l’accoglienza riservata loro e Matthew Shultz dal palco ha promesso un ritorno nel nostro paese. Un entusiasmo che lo ha portato, durante i bis, ad avvolgersi più volte nella bandiera italiana; un ennesimo ricordo di Mick Jagger……

Se amate il rock, quello sanguigno, potente, viscerale ed energico e li avete persi in questa occasione ….. bene allora non lasciateveli scappare se (speriamo) ritorneranno in Italia.

Da seguire con molta attenzione.


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