LIGABUE: la scintilla che ha acceso tutto è stata sul palco. Intervista

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LUCIANO LIGABUE
30 anni di carriera all’insegna del live


Intervista
Di
Luca Trambusti

I sessanta anni anagrafici di Ligabue hanno una netta cesura: 30 anni senza uscite discografiche e altrettanti con i dischi. A questi ora si aggiunge un cofanetto celebrativo ed un nuovo Ep. Trenta e sette sono i numeri intorno a cui ruota “77+7”, la nuova uscita di Luciano Ligabue: un cofanetto di 8 cd. Trenta sono gli anni di carriera del cantautore emiliano, mentre sette è il numero a cui è indissolubilmente legato. Tante sono le lettere del nome e cognome, le iniziali “LL” sono due 7 rovesciati, il 7 gennaio è San Luciano, il suo primo concerto è dell’87 e il primo stadio del ‘97 e altre coincidenze lo legano al numero. Ma non solo: 77 sono i singoli usciti in questi anni di carriera, tutti contenuti nel cofanetto, e 7 sono le nuove tracce che lo completano (queste ultime disponibili anche in un solo Ep). Una celebrazione molto corposa e anche completa.

Ma si sa, la vera forza e il luogo di elezione di Luciano Ligabue è il palco, l’ha detto più volte, lo dimostrano i tour e i tanti concerti e ora con quanto ci ha affermato lo ribadisce, portando al live la nascita di tutta la sua (seconda) vita: quella“musicale”.

Oltre alla suddetta parte discografica le celebrazioni del trentennale prevedevano un grande concerto/evento alla nuova Arena RCF presso Campovolo a Reggio Emilia, un luogo molto caro all’artista. Per il 12 settembre 2020 era infatti in calendario l’evento “30 anni in un giorno” che, a causa dell’epidemia del Covid 19, come tutti gli i grandi eventi estivi, è slittato al 19 giugno 2021. Le prevendite erano state un capolavoro e i 100.000 biglietti disponibili erano spariti e così il sold out arrivato in poco tempo.

Partiamo da quest’evento per la chiacchierata con Luciano Ligabue.

Luciano Ligabue
Come ti stai preparando a questo evento celebrativo?

Non mi ci sto preparando. Sono ancora in fase di frustrazione per non averlo potuto fare. Sono una pentola a pressione colma di sentimenti per la festa meritata ma mancante. Mi dispiace che manchino ancora tanti mesi, non vedo l’ora e spero veramente di riuscire a farlo.
Quando arriverà il momento, tra voglia, rabbia e frustrazione da sfogare e gioia sarà una grande liberazione.
Un po’ mi spaventa perché so che sarà un concerto insostenibile dal punto di vista emotivo

In trent’anni di carriera c’è mai stato un momento difficile?

Nel ‘99 avevo meditato di smettere poi la vocina dentro mi diceva: se smetti come fai a non fare più i concerti e così dopo 30 anni sono ancora qua.

Luciano Ligabue
Da dove arrivava questa crisi?

Avevo deciso di lasciare perché non ero preparato a quella mole di successo. Tra il ’97 e il ’99 ci fu un periodo molto intenso. Il disco “Buon compleanno Elvis” con il tour, il doppio live “Su e giù da un palco”, il film “Radiofreccia”, il libro “Fuori e dentro il borgo”: era un periodo cruciale. Mi ero reso conto che inevitabilmente la grande visibilità, o il successo, ti espongono a tutte le correnti e ti trovi ad essere raccontato da molti come non sei. Questo, per proteggerti, porta ad una sorta di isolamento a cui non ero pronto e mi ero chiesto se valesse la pena continuare.

Così il live ti ha salvato?

Il live, mi ha sempre salvato, anche perché è stato l’inizio di tutto. Ho cominciato questo mestiere perché a 27 anni (quindi nel 1987) suonai il mio primo concerto, fu un’esperienza incredibile che mi ha cambiato la vita.
Ricordo che era un concerto di domenica pomeriggio in un centro culturale dove di solito a quell’ora c’era la tombolata. Davanti, io e il gruppo, avevamo un centinaio di persone tra amici e parenti, miei e dei musicisti. Le condizioni tecniche erano al limite del ridicolo. Però da quella prima esibizione mi arrivarono sensazioni impagabili e indimenticabili.
Questo ha fatto sì che io cercassi di replicarle il più possibile e l’unico modo erano i concerti. Anche i dischi servivano e servono per arrivare a fare i live.

Se l’evento di Campovolo del prossimo giugno non si potesse fare potresti spostarlo in streaming?

Un concerto significa avere davanti il pubblico che rimbalza le emozioni in entrambe le direzioni.
Non posso pensare a un live come un evento in sala prove, con gente che ti sta guardando in uno schermo, anche se in realtà l’ho fatto… ma per rabbia. Nel giorno in cui avrebbe dovuto tenersi l’evento “30 anni in un giorno” (il 12 settembre 2020), ho pubblicato un video in cui suonavo al centro di una RCF Arena vuota, ma quella era un’occasione unica e speciale.
Non sappiamo nulla del futuro sappiamo però che gente dello spettacolo deve lavorare e allora se lo streaming serve a questo può anche essere corretto e auspicabile che alcuni eventi vadano in questa direzione.
Spero però che nel futuro non debbano esserci concerti in streaming. La presenza del fattore umano è fondamentale e perderla sarebbe molto grave.

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