DIODATO: un live di quintessenze e di corpo a corpo emozionali. Recensione

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DIODATO recensione concerto Milano 2017
3 Febbraio 2017
Santeria Social Club
Milano

Voto: 8,5
di Massimo Pirotta

DIODATO recensione concerto Milano 2017

E pure un’ora e mezza con il suo sbracciare contagioso e la capacità di comunicare che diventa marchio di fabbrica. Tanto che non mancano colpi di fulmine. Diodato, la sua eccelsa timbrica vocale, il sapere coniugare melodie e scariche elettriche e portavoce  di sonorità ariose. Sentimenti, vissuti, incontri, passioni. Urlo interiore che diviene animosità e che sul palco si sprigiona. La band è concreta, esperta e dona un’affascinante somma di particolari. L’intro (senza cantante e seppur breve) è quasi da gioventù sonica. Istantanea, strumentale e con distorsioni. Spicca l’adoperarsi del chitarrista Daniele Fiaschi. Ma anche gli altri componenti di questa elettro-orchestrina non sono da meno. Lo show, davanti a una platea particolarmente attenta, è un crescendo continuo. E’ un innesco che non disdegna nè inconsci nè monografie. Del resto il nuovo album “Cosa siamo diventati” ha già dell’imperativo.

Dal palco, il “lancio di souvenir” tenuti dentro ed ora proposti al pubblico. Nodi che vengono al pettine, grande intensità, liriche olfattive. Solitudine e calore, sorrisi dirottati altrove, verità come felicità, il mondo fuori ed entri solo te,  amici-complici e unici, il bisogno di un sentire speciale, ombre e luci in una stanza, etc. Proverbiale l’approvvigionamento di suoni. Che sono investimento continuo, elogio dell’espansione, agire condiviso. Ci sono un drumming che moltiplica e tastiere che magnificamente valorizzano il contesto. Diodato, sognatore nel presente. Le sue nuvole sono quelle dell’Ilva di Taranto, il suo terreno di gioco preferito è quello dei flussi desideranti.

La scaletta è il susseguirsi di canzoni mobili che permetteno più posizionamenti. Non mancano punti di riferimento: un Faber con “Amore che vieni, amore che vai”e qui in versione multistrato e vestito a “cipolla” (leggi: il trafiggere cuori di più generazioni). Non mancano demoni e altri effetti a catena: magari in un giorno qualunque e con protagonisti figure ai margini quanto centrali. Diodato che è maratoneta ed è capace di stupire sulla lunga distanza.

Neo-classico sintonizzato con il gesto, il canto, il suono e il comprendere che il suo mondo non può essere stabilito dall’esterno. E’ pure camaleontico e merita accorati applausi. Tra i brani: “Ubriaco” e un angelo a cui chiedere aiuto, la gettonata “Mi si scioglie la bocca” con linee melodiche da brividi (e se all’improvviso fossero apparsi degli archi incantatori… sarebbe stata una bomba!), un finale che è miscellanea identitaria. Tra il geo-sonoro e il dosaggio epico.  Dove ci sono un certo Mimmo, un “ciao, ciao bambina”, una “Babilonia” che è sottolineatura continua, un “Uomo fragile” che ha nel bisogno d’amore la sua scossa risolutrice. Tutti campi specifici, mentre piove sul nostro amor… Pubblico composto da qualche centinaio di unità che vola e plana consapevole sulla neo-lingua di Diodato. Tra il pubblico alcuni colleghi-musicisti (Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours, Marta Charlotte Ferradini, i Selton, etc.). Il release-party  si conclude così:.  depositati gli strumenti, Diodato e band, scendono dal palco e vanno incontro e si  mischiano con il pubblico. Ed anche questo è filosofia di vita.


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