FRANCESCO BIANCONI: anche a mezza voce si può dire tanto (Recensione concerto live)

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FRANCESCO BIANCONI
13 luglio 2021
Castello Sforzesco
Milano

Recensione di Luca Trambusti
Voto: 7

Il concerto del “Forever tour” di Francesco Bianconi a Milano arriva al termine di una ventosa e temporalesca giornata milanese in una fresca serata nel sempre bel contesto del cortile del Castello Sforzesco, dove tutti sono seduti distanziati e per lo più “mascherinati”.

Si sta (da tempo) disquisendo sulla teoria del “concerto seduti”, di quanto questa condizione pesi sulla fruizione della platea e sulla resa emotiva sia del pubblico che dell’artista. A parte che i concerti al Castello sono sempre stati seduti (quindi è un falso problema anche se c’era modo di alzarsi e stare sotto il palco nei momenti topici dell’esibizione), quello di Francesco Bianconi non risente di questa condizione che, anzi, diviene essenziale.

Ciò che propone il cantante e (co)autore dei Baustelle in veste solista è tale da dovere essere assaporato nella massima comodità (quindi con la giusta temperatura e seduti) perché tutto è sussurrato, delicato ed elegante e mal si presterebbe ad un ascolto distratto o tipico di eventi più “pompati” dal punto di vista sonoro.

https://fb.watch/v/82YJd75EV/

Da tempo c’era un disco solista da presentare in chiave live. Il tour di “Forever” (che proprio il giorno del concerto è stato annunciato al secondo posto come miglior album alle Targhe Tenco, preceduto da Bersani) non era mai riuscito a partire. Si è dovuto aspettare (come per molti in realtà) la più promettente estate 2021 per presentarlo dal palco, dove viene eseguito per intero.

La chiave di lettura più evidente sta nelle scelte sonore e negli arrangiamenti. “Forever” è un disco intimo, sussurrato, delicato e queste caratteristiche vengono amplificate e riportate sul palco creando una dolce atmosfera ed un suono orchestrale la cui composizione è affidata ad una interessante formazione.

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Sul palco troviamo un pianoforte (sempre in primo piano), un violino, un sax/flauto, le tastiere, le percussioni/vibrafono (no batteria) e una chitarra elettrica (a cui si unisce quella “saltuaria” di Bianconi). Il risultato è una musica che non fa mai rumore ma che si adatta perfettamente alla tipologia di canzoni che Bianconi dipinge. È una musica sussurrata ma “presente”, un suono compatto, pieno e ricco di sfumature. Buono anche il bilanciamento tra note e parole, solo in poche occasioni queste prendono il sopravvento e accompagnano e supportano l’intero brano. Per il resto gli spazi musicali costruiscono lo show (che peraltro inizia proprio con uno strumentale). Un’altra delle caratteristiche dello spettacolo sono i crescendo che troviamo spesso nel corso della serata e due soli di chitarra. L’affiatamento e gli incastri tra i musicisti sono vincenti e contribuiscono notevolmente a creare il giusto connubio tra coralità, atmosfera, temperatura e colore del concerto.

Su tutto poi la voce di Bianconi che sembra sempre sul punto di stonare ma in realtà non sbaglia una nota, una voce di tono greve che colpisce, cattura e “colora” i suoi testi, che anche in certe “banalità”, portano sempre poesia e visioni ben descritte. Alcuni brani sono introdotti da brevi descrizioni.

La prima parte del concerto è interamente dedicata all’esecuzione di “Forever” (da segnalare “Zuma Beach”, Certi uomini” e “Assassino dilettante”), mentre i bis, che arrivano dopo un’ora dall’inizio, lasciano spazio alle cover (no Baustelle). Si apre con un Guccini “minore” (se mai esiste) di “Ti ricordi quei giorni”, in una bella versione piano, violino, sax e voce. Ad introdurre l’esecuzione il racconto della passione di Francesco per il suo omonimo e il ricordo di un concerto visto con il padre. Segue un tributo a Battiato di cui ripropone le ricche melodie di “Una storia inventata” portata al successo da Milva (1989). Arriva poi una sorpresa. Introdotta dalla spiegazione della scelta attribuibile a sua figlia di otto anni Bianconi si cimenta con la sua versione di “Playa” un successo dell’estate 2019 di Baby K.. Chiude tutto il classico “Bruci la città” (2007) il successo di Irene Grandi. Un’altra cover era stata eseguita nella prima parte dello spettacolo ed era “L’odore delle rose” dal repertorio dei Diaframma, di cui Bianconi spiega la prima volta che, da ragazzo, la sentì durante un live della band fiorentina.

Si va a casa con la standing ovation della platea.

Per un’ora e mezza Bianconi riesce a incollare alle sedie, con un bel concerto, intensamente pacato, elegante, pieno di bella musica e con un’ottima architettura sonora. Tutto è lontano dal clamore, si “parla” a mezza voce e con contenuti (musical/testuali) importanti.

https://www.instagram.com/francesco_bianconi_official/


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